#94

Indice

Verbale dell'assemblea ordinaria
della Società di Cultura Metodologica-Operativa


Per Methodologia
Felice Accame

Passati indenni
Felice Accame

Breve Risposta a Sigiani
Ernst von Glasersfeld

Notizie
Verbale dell'assemblea ordinaria della Società di Cultura Metodologica-Operativa

Addì 6 marzo 1988, alle ore 21,15, presso l'abitazione del sig. Nello Costanzo, via Lazzaro Palazzi 19, Milano, si è svolta, come da convocazione, l'assemblea ordinaria della Società di Cultura Metodologica-Operativa, con il seguente o.d.g.: 1) relazione del Tesoriere e relazione del Presidente; 2) rinnovo delle cariche sociali; 3) varie ed eventuali. Sono presenti i signori Felice Accame, Ernesto Arturi, Paolo Boro, Enrico Guzzetti, Carlo Oliva, Marco Maria Sigiani, nonché il sig. Nello Costanzo, responsabile dei WP. Assume la presidenza il sig. Accame, presidente della Società, che incarica il sig. Oliva di tenere il verbale.

Per il punto n. 1 all'o.d.g., dopo che il sig. Oliva ha riferito sulla situazione contabile, come risulta dall'acclusa appendice, il signor Accame svolge la sua relazione, che pure si riporta integralmente in appendice. Nel dibattito successivo, cui prendono parte tutti i presenti, che concordano sulle proposte contenute nella relazione del Presidente, si conviene sulla necessità di proporre, ai soci e agli amici della Società, una sottoscrizione straordinaria per raccogliere i fondi necessari alla ripresa, da tutti auspicata, delle pubblicazioni di Methodologia. L'assemblea approva all'unanimità le relazioni (delibere nn. 1 e 2) e, su proposta del sig. Sigiani, fissa in £ 250.000 la quota sociale per l'anno 1998 (del. n.3).

Per il punto n. 2 all'o.d.g., su proposta del sig. Arturi, l'Assemblea decide all'unanimità la conferma del Consiglio Direttivo in carica (del. n.4).

Per il punto n. 3, l'Assemblea, sempre all'unanimità, decide di accettare la richiesta di ammissione alla Società del prof. Pino Panaioli (del. n.5).

Nient'altro essendovi da deliberare, l'Assemblea viene tolta alle ore 11,45. Letto, approvato e sottoscritto.

Il segretario
(Carlo Oliva)

Il presidente
(Felice Accame)
Appendice n. 1: Situazione contabile al 6 marzo 1998

Saldo attivo precedente6.607.200
Entrate
Quote ordinarie '97
(Accame, Arturi, Bettoni, Boro, Guzzetti, Oliva, Sigiani, Somenzi, Vaccarino)
2.250.000
Contributi straordinari soci (Accame)250.000
Interessi bancari netti104.000
Contributi WP235.000
Contributi Quaderni Methodologia e volumi Metope206.800
Totale entrate3.045.800
Uscite
Necrologie914.000
Spese WP775.100
Spese invio dischetti Methodologia75.150
Spese invio Quaderni Methodologia68.450
Spese invii promozionali63.500
Spese bancarie incasso quote soci25.000
Acquisto volumi Metope276.800
Totale uscite2.198.000
In cassa7.455.000

S.E.&O.

Milano, 6 marzo 1998
Il tesoriere
(Carlo Oliva)
Appendice n. 2: relazione del Presidente

Cari compagni della Società di Cultura Metodologico-Operativa:

Innanzitutto, come ogni anno, assolvo l'obbligo di render conto delle iniziative cui abbiamo dato vita nel corso della passata gestione della nostra Società.

Sono stati pubblicati il 3° e 4° numero dei "Quaderni di Methodologia" (Beltrame e Vaccarino). Sono stati consegnati alle stampe, in ritardo, il 5° e il 6° (AA.VV e Von Glasersfeld). E' giunta l'autorizzazione, da parte della Fondazione Dingler, alla pubblicazione del Carteggio Dingler-Ceccato tradotto e curato da Carlo Oliva.

E' stato predisposto il rinnovato sito Internet che, fino ad oggi, non ha funzionato per motivi indipendenti dalla nostra volontà.

Grazie alla assidua collaborazione di Nello Costanzo, i Working Paperss hanno mantenuto la regolarità del loro funzionamento. I fascicoli sono ricchi di contenuti, ma sempre meno sono utilizzati per approfondite discussioni, mentre il numero dei contributori non è significativamente aumentato.

E' stato organizzato il Quinto Intrattenimento Metodologico-Operativo, a Rimini, su tema prestabilito. Complessivamente, il numero e la qualità delle relazioni ha soddisfatto le aspettative.

Sono state organizzate, a Milano, in sedi prestigiose come quelle del CNR e della Casa della Cultura, due seminari con Ruggero Pierantoni, su temi inerenti la percezione.

Sono stati ripresi contatti indirizzati alla ripubblicazione su carta – in veste più modesta e più adatta alle nostre possibilità economiche – di Methodologia. Questa è la sede per discutere del progetto e, nel caso, approvare i termini fondamentali dell'iniziativa.

Fra i lavori in corso, da parte di soci, va segnalato l'ulteriore sviluppo del sistema di Vaccarino – in via di definire i rapporti logico-consecutivi nel sistema canonico delle categorie.

Il 1997, tuttavia, rimarrà una data indimenticabile per la nostra Società a causa della morte di Silvio Ceccato, alla figura del quale propongo di dedicare il prossimo numero di "Methodologia" (in Internet o su carta che sia). Si potrebbe intitolare "Studi in memoria di Silvio Ceccato" e potrebbero essere invitati a contribuire i soci della Società nonché: E. von Glasersfeld, H. von Foerster, B. Cermignani, E. Morpurgo, U. Curi, B. Zonta, G. L. Linguiti, G. Barosso, M. V. Giuliani, M. Stanzione, R. Cordeschi e altri che potranno essere indicati. Se il numero e la dimensione dei contributi dovessero richiederlo, il fascicolo potrà essere sdoppiato – tenendo presente che si potrà anche inserire inediti, lettere e reprints importanti.

Volendo, poi, approfondire le problematiche della nostra vita sociale, vorrei orientare la vostra attenzione su due ordini di questioni, quelli inerenti le idee stesse per le quali ci siamo associati e quelli inerenti gli scopi della nostra associazione.

Sia sul primo che sul secondo versante voglio solo mettervi a parte delle mie personali inquietudini.

Da un lato, allora, c'è la configurazione complessiva di quel punto di vista particolare che è costituito dalla metodologia-operativa e dalla sua disciplina. A mio parere, innanzitutto, sta il fatto che più si scava nel pensiero altrui e più ci si deve render conto che la critica dell'assunto teoretico-conoscitivo è largamente condivisa. Più largamente di quel che negli scritti metodologico-operativi non appaia. Fra di noi, soprattutto Ernst von Glasersfeld ci ha fatto notare ciò. Tuttavia, anche a lui, ho sempre risposto che la maggior parte di questi ottimi atteggiamenti critici finiva poi con l'abbracciare assunti scettici nel senso tradizionale – svalorizzazione dell'impresa scientifica, supina accettazione di esoterismi senza capo né coda, indifferenza fra teorie concorrenti. Un esempio fra i più curiosi e illuminanti è quello del pragmatismo italiano d'inizio secolo. Papini, nel 1905, scrive Il crepuscolo dei filosofi, dove, fra l'altro, augura a sé stesso di essersi "liberato per sempre dalla filosofia", perché essa "rappresenta lo stadio assurdo della scienza", ma, dopo averne proposto la trasformazione in "teoria dell'azione" (o "pragmatica"), straparla di "altre forze da sfruttare e da dominare", indicandone una nell' "anima" e indicando nei fenomeni medianici il mezzo per un cambiamento privato dei "complicati intermediari materiali". Ora, va notato onestamente che anche il Ceccato degli ultimi anni, ha coltivato interessi benevoli nei confronti di temi quali la "bioenergetica" o la "pranoterapia", tentando anche una traduzione del suo modello compatibile con queste. E ciò avveniva in concomitanza con un'accentuazione della critica della scienza che, davvero, non so fino a che punto possa distinguersi dalle tesi scettiche – tesi scettiche da cui, invece, sono sempre rimasti molto lontani sia Somenzi che Vaccarino.

Ho sempre detto, tuttavia, e continuerò a dire che la tesi critica della Scuola Operativa Italiana è la più radicale fino ad ora formulata, ma vorrei essere chiaro sul senso di questa affermazione.

Georg Christophe Lichtenberg, nel quaderno composto tra il 1796 e il 1799, scrive che dire che "le cose siano veramente al di fuori di noi e siano proprio come noi le vediamo è senza senso". "Non è strano", si domanda, "che l'uomo vuole avere assolutamente due volte una cosa quando gli basterebbe averne una sola ?". Una che dovrebbe peraltro bastargli, aggiunge ancora Lichtenberg, "perché non esiste alcun ponte tra le nostre rappresentazioni e le cause di esse".

In un quaderno precedente, composto tra il 1764 e il 1770, lo stesso Lichtenberg aveva osservato che "le proprietà nel nostro animo sono talmente connesse l'una con l'altra che è impossibile tracciare un confine tra due di esse". "Le parole con cui le esprimiamo", tuttavia, "non hanno tale qualità, e due proprietà dell'animo affini e susseguenti vengono espresse con segni che non ci mostrano nessuna affinità. Si dovrebbe", allora, "poter declinare filosoficamente le parole: indicando mediante variazioni le loro affinità laterali".

Chiaramente, ciascuno di noi, è pronto nel rilevare potenti analogie in questi pensieri di Lichtenberg con asserzioni della Scuola Operativa Italiana. C'è la consapevolezza che la filosofia si fonda sul "raddoppio del percepito" e c'è perfino un cenno augurale all'analisi dei rapporti logico-consecutivi così come è oggi realizzata da Vaccarino, ma, come più tardi in Mach allorquando parlerà della propria incapacità nello scomporre i costrutti in "elementi", c'è una sorta di dichiarazione di resa nei confronti dell'analisi del mentale. Bene, la radicalità della tesi metodologico-operativa consiste proprio nel fatto che fra critica – una critica sul cui contenuto si fornisce una sanatura storica, fatto non irrilevante fra le tante critiche più e meno analoghe - e proposta costruttiva è stabilito un nesso imprescindibile: senza l'una non si può neppure pensare di praticare l'altra. Spogliare la filosofia della sua protervia significa rinunciare ai fondamenti del sapere – e, per quanto riguarda l'analisi operativa dell'attività mentale, significa che quella "ripetizione" di chi fa scienza è una categoria a disposizione del singolo e priva in linea di principio di altri vincoli (come il numero o le condizioni in cui questa ripetizione avviene). Che alla "linea di principio" si debba o si possa rinunciare in nome della comunità e dei modi tramite i quali conviverci è tutt'altro genere di questioni.

Dall'altro lato, adiacente al primo, c'è, ancora aperta la questione dell'analisi e del suo stesso oggetto. Possiamo e dobbiamo dire che a Ceccato, un bel giorno, è capitato quel che non era capitato a Leibniz – come afferma, nel 1704, nei Nuovi saggi sull'intelletto umano: "Ritengo che nell'anima avvenga qualcosa di corrispondente alla circolazione del sangue e a tutti i movimenti interni delle viscere, di cui non si ha appercezione, proprio come coloro che abitano nei pressi di un mulino ad acqua non si accorgono del rumore che esso produce" (Roma 1982, pag. 111) -, ovvero è capitato di scandire il sé stesso operante in stati discreti e di poter ripetere l'operazione a piacere, o no ? E' un dubbio che, si badi, non mette in discussione quel mio consueto asserto che invita a considerare l'unità minima di analisi della vita mentale, ad un tempo, come ipotesi neurofisiologica e assunto metodologico. Perché non di tutto l'accadere neurofisiologico possiamo e dobbiamo aver consapevolezza. Mi sembra che, a questa domanda, si sfugga sempre più facilmente. Mentre Somenzi ha dichiarato tutta la sua perplessità nei confronti del senso specifico e proprio dell'attività costitutiva – tagliando quindi il problema alla radice, ma lasciando una ferita aperta -, né Vaccarino e né von Glasersfeld fanno mai ricorso a questa "tecnica" per raggiungere i loro risultati, ma ricorrono più volentieri ad argomentazioni di ordine teorico (ed è interessante constatare come le tre categorie atomiche di Vaccarino, sub specie linguistica di verbo, sostantivo e aggettivo, si trovino anche alla base di altri sistemi filosofici/antifilosofici come quello di Fritz Mauthner).

Io, a dire il vero, non sarei del tutto restìo ad una lezione metodologico-operativa che, per un suo solo aspetto sperimentale, rinunciasse al metodologico per esaltare soltanto l'operativo – perché non sfugge a me, come non sfuggirebbe a nessuno, il salto qualitativo dell'analisi e del mondo stesso in cui questa analisi avrebbe luogo -, ma ad almeno due condizioni: che si desse più senso di quello che ha dato Ceccato all'analogia dimostrativa dell'attività del direttore d'orchestra mentre sta dirigendo (perché non credo che la scansione del flusso musicale in note ed in intervalli abbia qualcosa in comune con gli stati di attenzione più di quanto ne abbia la parola comune o l'interpretazione dell'attore), e che non si debba pensare a Ceccato come ad un caso di patologia neurologica non ancora riconosciuto come tale. Come ho già fatto notare a proposito delle pratiche della consapevolezza, così come sono descritte da Varela, Thompson e la Rosch, o da Venturini, comunque, non è che, in genere, le istruzioni sull'auto-rallentamento risultino chiare e univocamente ripetibili.
Gerarchicamente subordinato a ciò, c'è poi tutto un terreno di infelicità diffuse che ci riempiono di soddisfatte ragioni.

Leggo in un simpatico saggio di Peter Janich – intitolato significativamente L'operazionalismo come criterio fondamentale di scientificità (pubblicato nel 1985 in "Epistemologia") – che, nonostante tutto il gran filosofare sulla scienza – dei vari Popper, Kuhn, Lakatos e Feyerabend –, nell'indifferenza degli scienziati, " i problemi sono rimasti completamente gli stessi e fino ad ora nessuna decisione metodologica da parte degli scienziati è diventata, né potrebbe divenire, una questione della scienza stessa". Leggo l'intervento di Giuseppe Trautteur al recente Congresso della Società Filosofica Italiana (a Bari, nell'ottobre del 1997) e constato che, a proposito del rapporto tra uomo e macchina, c'è qualcuno che si chiede se dal confronto abbiamo appreso qualcosa, rimanendo perplesso nel tentativo di rispondere. Addirittura, Trautteur inizia il suo intervento affermando che "chi avesse letto per la prima volta, senza conoscerne la data originale, la relazione Somenzi che costituì l'ossatura" del XXI Congresso Nazionale di Filosofia, a Pisa, nel 1967, "avrebbe potuto pensare che si riferisse allo stato attuale della ricerca in quel complesso ambito culturale che si è successivamente intitolato Cibernertica, Intelligenza artificiale, Scienza cognitiva e, recentemente, Studi sulla coscienza". Poi, gli tocca amaramente rendersi conto che su tutti i termini coinvolti via via nella questione non si è mai fatta sufficiente chiarezza: così per la definizione delle capacità razionali, così per la simulazione dei comportamenti, così per l'individuazione dell'attività mentale e del suo rapporto con il cervello. L'unica nota positiva cui accenna, bontà sua e bontà mia nell'ipotizzare che possa riferirsi a qualcosa di esplicitato da tempo "immemorabile" dalla Scuola Operativa Italiana, è che "si percepisce un'atmosfera di plausibilità alla ipotesi funzionalista". Gli stessi studi sulla coscienza di cui oggi si farebbe gran parlare gli sembrano "una esplosione di riscoperte dell'acqua calda spesso confluenti nella rissa verbale".

Di fronte a ciò, come alle retromarce di Chomsky che, oggi, in pratica ammette come senza un modello di attività mentale non si possa indagare alcunché del fenomeno linguistico, noi possiamo dire cose come "l'avevamo detto e non soltanto, perché avevamo anche prospettato altre strade alla ricerca – strade che non sono state battute, e non sono state battute perché non ci si è liberati del tutto dai residui dell'eredità teoretico-conoscitiva". Così, in definitiva, ci si era anche disfatti del Lana Project.

Più in basso ancora, nella gerarchia delle nostre priorità, ci sono altri sintomi di positività: qualche ricerca relativamente nuova – sul rapporto fra analisi sincronica e diacronica nello studio del linguaggio dal punto di vista operativo, sulle categorie sociologiche e giuridiche, sulla didattica di alcune scienze – e qualche attenzione più scrupolosa intorno alla riconsiderazione dell'assetto di base della metodologia operativa. Quisquilie, tuttavia, in rapporto a ciò di cui ancora manchiamo e dei dubbi che ancora nutriamo.

Nell'ordine di questioni relativi agli scopi per i quali ci siamo associati, voglio attirare la vostra attenzione su due riflessioni particolari.

La prima concerne la nostra vita sociale e le sue forme. I nostri incontri biennali hanno sempre mantenuto le attese di tutti i partecipanti. Mai si è passato del tempo in vuoti rituali da conventicola. In ciascuno dei cinque incontri svoltisi dal 1987 al 1997, c'è stato qualche socio che ha saputo dare a tutti gli altri il risultato di un lavoro di prim'ordine. Non a caso, il dibattito è sempre stato ricco e avvincente. Tuttavia, anche in ragione di ciò, è da ammettersi che, con il tempo, le difficoltà di sfruttare al meglio l'incontro comunitario aumentano. Anche perché non è facile per nessuno portare "novità" quando, a volte, occorrono vite intere per spremere qualcosa di veramente significativo da un argomento. E' per questo motivo, d'altronde, che l'ultimo nostro Intrattenimento è stato organizzato all'insegna di un tema specifico, sufficientemente adatto, a quanto pare, per suscitare studi ad hoc ed interventi mirati. Qualcosa del genere dovrà essere escogitato, per tempo, anche per il futuro, ed è proprio in questa prospettiva che mi permetto di fare pubblicamente una considerazione. Manca, a mio avviso, un'opera collettiva della Scuola Operativa Italiana – un'opera che sappia coinvolgere il maggior numero di soci e che costituisca un caposaldo della metodologia operativa nonché, al contempo, un punto di riferimento per qualsiasi punto di vista disciplinare. La mia proposta è che si pensi alla realizzazione di un Dizionario enciclopedico della Scuola Operativa Italiana e che – in mancanza di altre tematiche specifiche che invoglino al confronto garantendo risultati di interesse generale - questo sia il tema del prossimo incontro societario.

La seconda, infine, concerne la vita sociale che si dovrebbe garantire al di là dei singoli interpreti dell'oggi. Già il vuoto lasciato da Ceccato mi pare incolmabile. Pur con tutti i suoi limiti imposti dal carattere e dall'età, anche l'ultimo Ceccato è stato per me un Maestro prezioso, perché capace di vedere in ogni circostanza – in un testo, in un'idea – qualcosa che io non vedevo e che senza la sua guida non avrei mai visto. Ceccato, per infoltire ancora di più i miei sospetti di scetticismo, non voleva allievi – sottoscritto compreso, com'è noto. Non riteneva che l'umanità potesse o volesse affrancarsi dalla schiavitù. Può anche darsi che, nel suo intimo, fosse convinto che nessuna rivoluzione – foss'anche quella fatta in nome e per conto di una società della consapevolezza e delle decisioni in comune (per usare il titolo del bel programma dell'amico Paolo Barosso) – avrebbe potuto portare sollievo a chi è destinato a soffrire. Tuttavia, se avesse pensato così, Ceccato sarebbe stato imputabile di finalismo metafisico, prima che di subordinazione al Potere, e, dunque, passibile di espulsione da una Società di Cultura Metodologico-Operativa cui mai, peraltro, coerentemente, è stato iscritto.

Noi, dunque, dobbiamo pensare alla diffusione del punto di vista metodologico-operativo e sentiamo imprescindibile l'esigenza di approfondirne le basi e di garantirne gli sviluppi, perché sappiamo che sulla stessa possibilità di analisi della vita mentale si giocano i destini della scienza e dei suoi rapporti con i sistemi di potere. Non abbiamo accesso ad istituzioni che ci fanno trovare belli e pronti gli allievi da plasmare e ciò deve essere visto come una grande fortuna, perché nessun compromesso con strutture conservative è accettabile da parte di chi propone una rivoluzione. Tuttavia, sia la strada o sia la Libera Università Nomade di Montecchio Maggiore, sia l'anfratto della clandestinità o sia l'Ara Pacis, mi sembra necessario un posto, o un'occasione ricorrente, per riflettere proficuamente fra noi coinvolgendo qualche spirito libero che sappia vedere qualcosa che noi non vediamo e che noi, da soli, non vedremmo mai.torna all'indice

6 marzo 1998
Il presidente
(Felice Accame)
Per Methodologia
Felice Accame

Nell'Assemblea della SCM-O del 6 marzo scorso, ho avanzato la proposta relativa alla ripresa delle pubblicazioni di "Methodologia" su carta.
L'esigenza nasceva dalla consapevolezza che, alla Scuola Operativa Italiana, mancano strumenti adeguati per poter approfondire i propri problemi, render conto degli sviluppi e, soprattutto, diffondersi. Una rivista periodicamente presente nelle principali librerie può costituire il primo tramite grazie al quale lo studioso curioso può venire a conoscenza delle nostre opinioni. Internet non basta: è un oceano sterminato dove si può navigare sensatamente solo a patto di sapere preventivamente le coordinate cui attenere i propri movimenti.
Tuttavia, mi sono trovato ben d'accordo con i soci che, al momento della mia proposta, hanno voluto sottolineare che la rivista può esser fatta solo a patto che le spese relative non danneggino la collana dei "Quaderni". Le quote dei soci, infatti, non coprono neppure le spese relative ai due volumi l'anno e all'ordinaria amministrazione (Working Paperss, conferenze, presentazioni, spese postali – più il servizio Internet cui, se vogliamo che funzioni davvero, si dovrà devolvere qualcosa).
Come fare, dunque ? L'unica soluzione è sembrata essere, all'Assemblea, quella di aprire una sottoscrizione speciale – fra soci e amici -, una sottoscrizione che si avvia fin da ora presso il nostro tesoriere, il quale avrà cura di mantenere due contabilità separate ("Methodologia" e il resto).
Il preventivo editoriale dei "Fratelli della Costa" – ai quali abbiamo anche assegnato il compito della ricostruzione del sito Internet – prevede la stampa di un migliaio di copie sul modello di "Methodologia", riducendola però a 64 pagine; la distribuzione di 200 copie presso le librerie Feltrinelli più altre copie in altre librerie; nonché la vendita della rivista al modicissimo prezzo di 10.000 lire. Per un costo complessivo, a carico della SCM-O di £. 2.000.000 a numero per due numeri l'anno.
I tempi relativi all'iniziativa sono i seguenti:
da oggi ad agosto 1998, apertura della sottoscrizione
eventuale consegna del n. 18 all'editore a settembre
uscita in libreria entro novembre.
Va da sé che il numero va preparato fin da adesso, senza attendere l'esito della sottoscrizione. Ho ritenuto opportuno di proporre, allora, che il primo fascicolo sia dedicato a Studi sul pensiero di Silvio Ceccato. L'Assemblea ha approvato ed ha approvato pure l'idea che a contribuirvi siano tutti i soci della SCM-O più alcuni altri studiosi che, negli anni, hanno dato prova di essere a conoscenza delle tesi metodologico-operative e di averle prese in considerazione con serietà. Un elenco ancora incompleto di questi studiosi è stato fatto nella mia Relazione. I soci che desiderassero partecipare con loro scritti sono invitati a comunicarlo alla redazione dei WP a stretto giro di posta.
In proposito, possono verificarsi due inconvenienti: che non si raggiunga una somma di denaro adeguata alla spesa da sostenere e che gli scritti superino di gran lunga le 64 pagine previste del fascicolo. Nel primo caso, nulla osterebbe a raccogliere ugualmente i saggi pervenuti e pubblicarli in un volume della collana dei "Quaderni", mentre, nel secondo caso – una volta che la sottoscrizione raggiungesse i suoi obiettivi -, nulla osterebbe a dedicare al medesimo tema anche il secondo fascicolo.torna all'indice
Passati indenni
Felice Accame

Aggiungo una glossa al postscritto in margine al Rapporto indiretto tra Alexis Carrel e Silvio Ceccato (in Wp, 93, 1998). Facevo notare le incredibile noterelle con cui il traduttore italiano di Carrel cercava di acquisire meriti al "valor fascista" e, non avendo altre informazioni in proposito, lo citavo come "Dott. V. Porta" – secondo la formula usata nel controfrontespizio del libro. Somenzi, ora, mi ha fatto notare che si trattava certamente di Virginio Porta, neuropsichiatra dell'Università di Milano, autore del saggio "Causa ed effetto in fisiopatologia cerebrale", pubblicato in "Analisi ", I, 1, 1945 e collaboratore abituale della rivista medesima.
A quanto mi consta, Virginio Porta era stato anche traduttore di Materia e luce di Louis De Broglie, sempre per l'editore Valentino Bompiani che, all'epoca, serviva zelantemente Hitler e Mussolini. Lo stesso De Broglie, infatti, non doveva essere del tutto estraneo al fascismo – considerando il fatto che viene citato come frequentatore abituale, nella Roma degli anni Trenta, del salotto di Margherita Sarfatti, ancora "ninfa Egeria" di Mussolini, prima di essere costretta alla fuga dalle leggi razziali del 1938 (cfr. S. Marzorati, Margherita Sarfatti, Como 1990).torna all'indice
Breve Risposta a Sigiani
Ernst von Glasersfeld

Sono grato del Continuo interesse manifestato da Sigiani per le vicende della Lana. Fortunatamente nessuno le parlerà dei commenti del signor Pinker. Quando uno degli scimpanzè dei Gardners o di Roger Fouts vide per la prima volta una piccola scimmia e gli si chiese con il linguaggio a segni:
"Che cosa è?", lo scimpanzè rispose "Scarafaggio!" Credo che Lana, se ci fosse l'occasione, classificherebbe il Pinker nello stesso modo.
Sono perfettamente d'accordo con ciò che dice Holloway. Ho scritto anni fa che bisognerebbe esser cauti nel dichiarare cosa possano o non possano fare gli scimpanzè nel campo della comunicazione. Per i ricercatori umani che vanno ad osservare gli scimpanzè nel loro ambiente naturale è difficilissimo intraveder un sistema comunicativo che, se c'è, è certamente basato su azioni che possono essere lontani dai "segni linguistici" ai quali noi, parlanti di lingue parlate, siamo abituati.
Per quanto riguarda la faccenda del concetto del tempo nel linguaggio hopi, ho l'impressione che le cose siano più complicate di quanto pensa non solo Pinker ma anche l'antropologo Malotkik. La traduzione della frase riportata perforza comprende parole come "allora", "all'ora", "a quell'ora" e forme come il presente di "pregare" e il passato "svegliò", ma ciò non dimostra che gli hopi lo vedevano così come lo vediamo noi. Non ho nessun dubbio che gli hopi avevano un concetto del conseguire e della sequenzialità. Da ciò che ho sentito degli indiani Cherokee nella Georgia, sembra che avevano un senso molto più articolato di noi del susseguirsi delle esperienze individuali, cioè del flusso della coscienza. E questo mi sembra assai lontano dal nostro concetto di tempo. - Traducendo da una lingua in un altra spariscono tante differenze concettuali. Cosa si fa quando si vuol parlare della mente o di "mind" in tedesco? Si è costretto di dire "Geist". Ma il "Geist" evoca un concetto ben diverso. Mi sembra lecito concludere che il concetto associato con "mente" non esiste per i tedeschi e, stranamente, neanche per i francesi!
Puo darsi benissimo che Whorf ha sbagliato. Ma per essere sicuri bisognerebbe aver vissuto con i hopi per molti anni.
Comunque, la faccenda delle varie parole per la neve mi ha sempre interessata, dato che sono quasi nato con gli sci. Anche i montanari in Austria avevano almeno cinque parole e il bello è che dopo qualche anno in montagna tu impari a usarle correttamente a distanze. Cioè, si impara a cogliere delle sottili differenze visive che la gente che veniva dalle città non vede a fatto. Quindi direi che la disponibilità di varie parole comporta un addestramento percettivo difficile da aquistare se le parole non ci sono. È questo l'aspetto della teoria di Whorf che mi ha sempre convinto.torna all'indice
Notizie

Il sito Internet di Methodologia, all'indirizzo precedentemente reso noto (www.geocities.com/athens/delphi/1460), non è entrato in funzione per motivi indipendenti dalla nostra volontà. E' in corso di allestimento un nuovo sito all'indirizzo:
dellacosta.com/methodologia
presso il quale, inizialmente, saranno rinvenibili i numeri di Methodologia, i Working Paperss e la bibliografia della Scuola Operativa Italiana.

Sul numero 2 dei Working Paperss dello Studio Karon (18 marzo 1998), è uscito il saggio di Felice Accame Aspetti metodologici della scoperta scientifica e dell'invenzione artistica. Chi volesse riceverlo può richiederlo allo Studio Karon - Palazzo Tornielli Via Marconi, 3 - 28071 Borgolavezzaro (NO).
e-mail: calciati@lomellina.it

La quota sociale per l'anno 1998, per l'importo di L. 250.000, va pagata preferibilmente mediante bonifico bancario sul C.C. 12467.50 presso il Monte dei Paschi di Siena ag. 4 di Milano, Via Canova 35, (CAB 16048 - ABI 1030) intestato a Società di Cultura Metodologico-Operativa, oppure mediante assegno bancario non trasferibile (intestato alla SCM-O) da inviare direttamente al tesoriere Carlo Oliva - Via Melzi d'Eril, 25 - 20154 Milano.

Chi desiderasse ricevere i WP per e-mail è pregato di comunicarcelo.torna all'indice